Lisola Del Rifugio

By Lenny Bruce

Published on Jan 3, 2023

Gay

DISCLAIMER: The following story is a fictional account of young teenage boys who are in love. There are references and graphic descriptions of gay sex involving minors, and anyone who is uncomfortable with this should obviously not be reading it. All characters are fictional and any resemblance to real people is purely coincidental. Although the story takes place in actual locations and establishments, the author takes full responsibility for all events described and these are not in any way meant to reflect the activities of real individuals or institutions. The author retains full copyright of this story.

Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html

Questo è il settimo dei diciotto capitoli che compongono il romanzo.

CAPITOLO 7 - Quello stesso giorno al campo

François si appoggiò a Mike, mentre gli altri se ne andavano ad esplorare la montagna.

Quando Joel, che era l'ultimo della fila, scomparve in mezzo agli alberi, loro due si abbracciarono e si scambiarono un lunghissimo bacio appassionato. Senza staccarsi o interrompere quel bacio, si stesero sui materassi che erano ai piedi dell'albero al centro del campo.

"Ti amo, Fran" disse Mike con la voce corta e il cuor in gola.

"Anch'io ti amo."

Lo guardò smarrito, era diventato rosso, perché s'era appena accorto di essere eccitato. E si vergognava tanto, perché guardando François, proprio lì davanti, aveva notato che anche lui lo era. Non sapendo che fare, chiuse gli occhi e attese.

"Vuoi fare l'amore, Mike?" gli chiese allora François, accarezzandolo sulla guancia.

"Si..." bisbigliò, ma non si mosse.

Tremava e François l'accarezzò ancora.

"Aiutami... dai" gli disse sorridendo e finalmente lui si scosse un po', si diede da fare.

François poteva muoversi poco e lui gli tolse i pantaloncini, poi sfilò anche i suoi, ma si risedette immediatamente, raccogliendosi le ginocchia con le braccia, abbassando la testa, come per proteggere la sua nudità. Era la prima volta che facevano quelle cose alla luce del giorno. E gli pareva di essere ancora più nudo. E poi di notte non si erano detti molte parole. Ora François gli aveva chiesto qualcosa.

Tremava, per l'emozione, per la vergogna.

"Che c'è, piccolo?"

"Io, io... non so come si fa" disse balbettando.

"Lo so io. Non aver paura!"

"Va bene" e arrossì ancora di più.

François lo guardava e non si muoveva, quasi ipnotizzato dall'innocenza del ragazzo, per come gli si stava donando.

"In che modo, Fran? Come si fa?" insisté smarrito.

"Dimmi che mi vuoi dentro di te" azzardò, chiedendosi se questo non fosse davvero troppo per Mike.

"Ti voglio dentro di me!" ripeté fiducioso il compagno, certamente non capendo il significato di quelle parole.

Adesso erano stesi di fianco, faccia a faccia, avvolti nell'abbraccio dell'altro, tenendosi stretti. François l'accarezzava sulle spalle, sulle gambe e lui chiuse gli occhi felice, in attesa di comprendere come sarebbe accaduto.

"Hai capito come faremo?" si sentì chiedere da François, che gli lambì il dorso, scendendo a sfiorarlo più giù, dove non avrebbe mai immaginato che si potesse, che si dovesse fare.

Lui fece un sorriso molto incerto, perché forse aveva capito.

Possibile che fosse così?

Aveva improvvisamente capito, immaginato quale fosse la via della felicità e dell'amore, ma possibile che fosse quella? Si vergognava proprio tanto, solo a pensarci, però, se ci si arrivava per quella strada, se era François ad indicarla, lui l'avrebbe seguita, contento di farlo, di fare qualunque cosa gli avesse chiesto, di regalargli ogni cosa di sé. Forse era la verginità che stava per dargli, ragionò. Ma un ragazzo poteva essere vergine come si diceva per le ragazze? Si vergognava tanto.

Se non avesse avuto quell'osso rotto e quelle brutte ferite sulle gambe, François avrebbe preso l'iniziativa, per trarre d'impaccio Mike. Si sarebbe mosso e con tutta la dolcezza di cui era capace, l'avrebbe amato, ma non poteva farlo, la gamba gli faceva ancora molto male, non poteva muoverla. Per ora poteva solo guidarlo sulla via di un piacere che doveva essere indimenticabile per tutti e due. Per Mike era la prima volta di tutto, per lui no, ma sarebbe stato come se lo fosse, perché finalmente era innamorato.

Si mise supino.

"Baciami" mormorò "prima voglio che mi baci ovunque! Vieni sopra di me e baciami. Vieni..." e l'attirò a sé.

Tremante e ubbidiente Mike cominciò a sfiorare con le labbra quel corpo d'ebano, scendendo lentamente dal petto fino al ventre, guidato dalle mani di François che gli accompagnavano la testa, suggerendo i movimenti.

François l'accarezzò ancora con più dolcezza quando lo spinse verso l'uccello. Mike capì quello che François gli stava chiedendo. Anche lui, come già Richard, ebbe un momento di esitazione, poi decise di assecondare il suo innamorato. Lo baciò dove e come voleva. E sperò di averlo fatto come andava fatto. Lo baciò proprio sulla punta e lo sentì gemere, allora comprese quanto piacere provasse e d'istinto glielo prese in bocca, ingoiandolo con tanta foga, fino a che poté, poi si sentì soffocare e tossì forte.

Risero insieme, per quella interruzione che servì a incoraggiare Mike che prese a leccare e a baciare con più convinzione, fino a scendere all'interno delle cosce.

"Toccami... toccami là..." l'istruiva François e lui gli massaggiava la pelle liscia, leccava e succhiava la sacca rugosa, arrivò a stringergli delicatamente i testicoli, fra le labbra, prendendoli in bocca.

Poi François mormorò qualcosa: "Adesso bagnalo, piccolo, ma bagnalo bene!"

E quando fu pronto, François lo tirò, lo spinse, fino a farlo mettere su di sé a cavalcioni.

"Lascia che ti aiuti..." disse "ci vuole ancora un poco di saliva."

Bagnandosi le dita le passò sull'ano con delicatezza, poi con l'indice provò a spingere, forzando leggermente l'anello di muscoli e Mike gli resisté.

"Non ti farò male!" disse François dolcemente.

Non smise di accarezzarlo e lo sentì lentamente rilassarsi. Quando spinse un'altra volta, Mike si lasciò penetrare. Con gli occhi chiusi, lentamente si adattò all'intrusione e François attese, paziente. Mike lo guardò.

"E adesso...?" chiese con voce tremante, guardandolo fisso

"Forse sei pronto..."

"Si, forse..." e chiuse gli occhi.

"Si, piccolo, forse..." e lo guidò puntandogli il pene contro l'ano "abbassati piano, piano. Fallo piano!"

Mike piegò lentamente le gambe fino ad avvertire la pressione del pene contro il buco, sentì la punta spingere, poi François entrò e lui non tentò più di resistere.

Si abbassò di più e cominciò a sentirlo veramente dentro.

Solo per un momento pensò che si stava avverando la profezia malevola di suo padre, ma si stava godendo troppo quelle sensazioni, se le stava davvero godendo, con tutto se stesso, con tutto il corpo e con la mente, perché un ricordo, quel ricordo potesse distrarlo. Scacciò il pensiero e non dovette faticare, perché quella di suo padre era un'immagine sbiadita, insignificante nel suo nuovo mondo, nella vita e per il suo amore.

In quel momento era seduto sul grembo di François che lo stava penetrando, era dentro di lui in tutti i sensi e la voce di suo padre non lo raggiungeva più, era niente più che un bisbiglio, anche la cicatrice era miracolosamente scomparsa. C'era ancora il segno, il cordone di pelle, sentì qualcosa sfiorandolo. Quello c'era ancora, ci sarebbe stato sempre, ma nella mente il suo ventre era integro e le carezze che sentiva, le dita che lo sfioravano erano quelle di François.

E aveva un pensiero solo, la consapevolezza del suo amore e di tutto quello che François gli stava regalando. Erano uniti, loro due, una sola persona, finalmente era accaduto, ora gli pareva di aver atteso quel momento per tutta la vita. François gli era dentro e lo stava accarezzando sulle cosce, sul ventre non più ferito, poi gli prese il pene tra le mani e cominciò lentamente a strofinarlo.

Sentì che con le natiche arrivava a toccargli il grembo e questo forse voleva dire che adesso ce l'aveva tutto dentro, che gli spingeva nelle viscere e forse gli faceva un po' male, ma mai dolore gli parve più dolce e desiderabile.

Entrambi mormoravano di piacere.

Capì da solo come muoversi, sollevandosi e abbassandosi ritmicamente, prima piano, poi più velocemente, mentre François continuava a strofinarlo, ad accarezzarlo, ovunque arrivassero quelle sue dita lunghe e sottili.

Tremò sentendosi toccare ancora più dentro, in un posto che non era mai stato sfiorato, che non sapeva di possedere.

"Oh... io, io forse..." boccheggiò con gli occhi sempre chiusi.

Non gli pareva di essere sull'erba, sotto la mangrovia, ma su una nuvola e di fluttuare nel cielo, poi sentì un'onda, un fiume riversarsi attraverso il pene e dimenticò anche se stesso.

Nel momento in cui era entrato in Mike, François s'era sentito avvolgere e stringere in quella carne che l'aveva come imprigionato, facendogli provare un dolore che si era trasformato in piacere, aveva spinto e si era insinuato, ma presto quel piacere era divenuto incontenibile. E le carezze che stava facendo non erano servite a distrarlo.

Liberò il suo seme nel corpo dell'amante e divennero una cosa sola.

Mike cadde fra le braccia che l'attendevano aperte e si sentì improvvisamente vuoto quando il pene di François scivolò da lui, ma le labbra e il corpo caldo che trovò ad accoglierlo diedero serenità al suo cuore ancora impaziente.

Per un momento si sentì indifeso e vulnerabile, ma subito capì di essere salvo e al sicuro in quell'abbraccio. Poi sentì le lacrime scendergli sulle guance, ma non se ne curò, sentì tremare il petto di François, aprì gli occhi e attraverso le lacrime vide che anche il suo compagno piangeva.

"Che c'è, Fran? Che hai? Stai bene?" gli sussurrò.

"Se sto bene?" lo rassicurò François "È che non pensavo di poter essere mai così felice, amore mio. Non sognavo che ci si potesse sentire così!"

"Ehi, adesso lo so anch'io!" disse fra i singhiozzi, ridendo e piangendo.

Accostò il volto a quello di François e le lacrime si mischiarono come i respiri.

Stettero minuti, oppure ore, senza averne idea, calmarono il pianto e si assopirono, dormirono abbracciati e si svegliarono felici e riposati.

"Tu non lasciarmi mai!" disse François serio "Qualunque cosa accada, non devi mai lasciarmi!"

"Voglio stare sempre con te, Fran. Nessuno ci separerà."

"Io sono parte di te adesso e tu sei parte di me. Lo sai?" disse guardandolo diritto negli occhi "Perché tu sei mio ed io sono tuo!"

"Lo so, Fran!"

E, detto questo, tentò di alzarsi, ma scoprì che nel tempo trascorso il suo sperma si era quasi solidificato e gli aveva incollato l'uccello sulla pancia di François. Era una sensazione un po' strana.

François cominciò a ridacchiare: "Te l'ho detto che ci siamo uniti per sempre! Guarda, è vero!" e scoppiò in una risata incontrollata.

"Ehi, siamo diventati gemelli siamesi e siamo uniti per gli uccelli!" gli tenne dietro Mike, riuscendo finalmente ad alzarsi.

Si lavarono e si strofinarono a dovere, con baci e abbracci e risate e solletico.

"Devo trovare dei paletti adatti per costruirti delle grucce, piccolo" disse Mike, dopo averlo aiutato a lavarsi e a sistemarsi sulle coperte.

Andò alla ricerca di un palo diritto e abbastanza resistente. Lo trovò subito e, tornato al campo, si mise a tagliarlo e a ripulirlo. In una mezz'ora di lavoro riuscì ad ottenere una robusta gruccia che consentiva a François di muoversi con facilità, posando l'ascella su un cuscinetto imbottito, fatto con un pezzo di vela. E per la prima volta dal suo arrivo sull'isola il ragazzo mosse alcuni passi per conto proprio. Mike si sentì orgoglioso ed appagato dalla profonda gratitudine di François che si tradusse in una serie infinita di baci, anche se pensò che forse avrebbe perduto la qualifica di 'gruccia umana' cui teneva tanto. Però sapeva bene di non aver più bisogno di scuse per toccare François come, dove e quanto voleva, e soprattutto per stargli sempre vicino.

Insieme camminarono un po' attorno al campo per cercare alcuni frutti da mangiare. François poteva muoversi molto lentamente, con Mike che ne controllava e supportava tutti i movimenti. Il suo aiuto era ancora necessario, ma come conforto, più che come sostegno.

Gli alberi più vicini erano ormai spogli e furono costretti ad allontanarsi verso la spiaggia, dove notarono che c'erano altri pezzi di legno e rottami provenienti sicuramente dalla Venture, gettati quella notte dalla risacca. Mezzo seppellito nella sabbia c'era una tavola, una parte della goletta. Quando gli furono vicini e lo dissotterrarono, videro che vi era avvitata una targa di bronzo con il nome della nave. C'era scritto:

VENTURE - East Boothbay - Maine

Questa scoperta li intristì. Stettero a guardarlo per un po'.

"Portiamolo al campo" propose François.

Mike aveva visto anche un'altra tavola.

"Questo pezzo è adatto" disse entusiasta "lo utilizzerò per fare l'iscrizione della tomba di Chris!"

In pochi minuti Mike ammucchiò, lontani dalla risacca, molti altri rottami, di metallo e di legno, almeno quelli di grandezza ragionevole, per poterli poi selezionare con calma e portarli al campo con l'aiuto degli altri. Il mare stava restituendo ancora parti della Venture e avrebbe continuato ancora per settimane.

Raccolsero i frutti, poi Mike trasportò al campo i due pezzi di legno.

Cominciò a lavorare all'iscrizione per la tomba, aveva buon occhio e mano sicura, ma faceva parecchia fatica per scolpire ogni lettera nel legno duro. I segni però erano netti e leggibili, alla giusta distanza uno dall'altro e convennero che il lavoro stava andando davvero bene. François era ovviamente orgoglioso di quello che il compagno stava facendo e soprattutto di quest'altra abilità che aveva scoperto nel suo innamorato.

Mike scolpì:

CHRISTOPHER NGUYEN a lettere più grandi e poi sotto, a lettere un poco più piccole, l'anno di nascita, il 1936, e quello di morte, 1950.

"Vorrei aggiungere una frase. C'è ancora spazio. Per esempio: 'Ti vogliamo bene. Riposa in pace'" disse Mike "che ne dici, come suona?"

"Per me va bene" e distolse gli occhi per non commuoversi, perché l'idea della tomba, del riposo eterno, della morte che era intollerabile per chiunque, gli parve assurda per loro che erano ragazzi e soprattutto per Chris che non sarebbe mai diventato un uomo.

Mike si concentrò sul suo lavoro. Aveva deciso la frase da incidere e doveva prendere le misure prima di riprendere a scolpire il legno, perciò non si accorse del disagio di François. Presto però anche lui si ritrovò a combattere con le lacrime che non volevano saperne di ritornare su. François, che pure piangeva, lo guardò.

"Mike, che ti succede?" gli chiese preoccupato, poi gli mise le braccia al collo "Lo so, piccolo, lui manca anche a me."

"È stato brutto vederlo morire così, sotto i nostri occhi. Non avevo mai visto nessuno finire... di vivere.... è stato come al cinema, ma era tutto vero e Chris era uno che conoscevamo e a cui volevamo bene. Potevo essere io o tu!"

"Oh, Mike, è stato brutto anche per me, piccolo! Ma ormai è accaduto e adesso possiamo solo ricordarlo e lui resterà sempre con noi, perché noi gli volevamo bene" tentò di tranquillizzarlo François "Eravamo la sua famiglia e dovunque si trovi ora, ma io credo che sia in paradiso, con Gesù e con gli angeli, lui è ancora con noi."

Si tirò su, cercando di ricomporsi, lo guardò, lo vide ancora abbattuto. Mike non conosceva la morte, ma lui aveva una certa dimestichezza e poteva aiutarlo a capire, spiegandogli qualcosa.

"Quando la malattia di mio padre divenne grave, io non mi rendevo conto di quello che realmente accadeva attorno a me. Ero spaventato e stordito e non so ancora spiegarmi il perché, ma con lui ero così imbarazzato che non riuscivo più a parlargli. Forse adesso ho capito e so di cosa avevo paura: non volevo che lui mi dicesse che stava morendo. Poi, quando arrivò il momento, l'ultima volta, l'ultimo giorno, io non lo salutai, non gli dissi 'Ciao, papà' e non gli dissi che l'amavo, che gli volevo bene più che a me stesso e che sarei morto volentieri al suo posto, non glielo dissi. Non lo feci e invece lo volevo, con tutto me stesso, ma non ebbi il coraggio e poi lui morì, se ne andò per sempre.

"E quando uno muore non puoi più dirgli nulla, ma come potevo saperlo allora? Non l'immaginavo neppure e dopo, quando cercai di parlargli, quando credevo, fantasticavo che l'avrei rivisto, che avremmo parlato ancora, che potevo farlo in sogno, che lui mi rispondesse comunque, solo allora ho capito che papà non mi avrebbe mai più accarezzato il collo e grattato la spalla e ascoltato i miei discorsi senza né capo né coda in cui però lui solo riusciva a trovare un significato. Quando finalmente l'ho capito, è stato terribile. Non ho avuto neppure la forza di piangere.

"E avevo ancora tante cose da raccontargli, tanti dubbi che lui avrebbe certamente chiarito e poi volevo scusarmi per qualche malinteso, qualcosa che avevo fatto e per cui s'era dispiaciuto. Improvvisamente mi resi conto che non potevo più farlo. E allora mi sentii perduto. Ho vissuto con questo vuoto dentro di me che lui ha lasciato e che nulla potrà mai colmare. L'amore, Mike, il tuo amore è grande e per me è tutto, ma il vuoto lasciato da mio padre, resterà. Mi perdoni? Adesso che lo sai, mi perdoni, vero?"

Mike posò il coltellino e l'abbracciò stretto.

"Ti perdono, ma solo perché il tuo cuore è così grande ed io accetto di dividerlo con lui" gli disse sorridendo "anche se non riesco a capirti. È che io credo di non aver mai amato mio padre. Forse amavo mia madre, ma quando ero piccolo e poi anche lei, se n'è andata lontano e ora non l'amo più!"

"No, non dirlo, è un peccato grave! Devi rispettare ed amare i tuoi genitori!"

"Si, so che commetto un peccato, che c'è un comandamento ed io non sto facendo il giusto, perché non riesco ad onorare i miei genitori, ma è così e non posso farci niente, ma è perché loro non mi hanno mai rispettato, né amato, adesso lo so" disse con tanta amarezza "Mi credi che ti dico che la prima persona che amo sei tu, Fran?"

François l'abbracciò stretto.

"Vedi, per mia madre prima provavo amore, poi tanta pietà, ma ora disprezzo anche lei, quasi quanto odio mio padre e poi c'è mia sorella, lei è piccola e forse le voglio ancora bene, ma non credo di poter dire che l'amo! Non credo, François."

Riprese a intagliare il legno, perdendosi dietro ai suoi pensieri. Lavorava con calma e con metodo, rifinendo le lettere del nome, gli occhi fissi su quei segni, mentre François seguiva distrattamente il lavoro.

"Avrei voluto parlargli ancora, stargli vicino" disse François dopo un poco "ma non so dove se n'è andato. Non potemmo comprargli una tomba, né pagare la sepoltura, così non so neppure dov'è finito il suo corpo, davvero non so dove sia. È probabile che abbia avuto una sepoltura cristiana, ma chissà dove.

"Quando portarono via mia madre, avrei voluto andare sulla tomba di papà e parlargli, perché mi consigliasse, mi dicesse cosa fare... di me, delle mie sorelle... forse non sarebbe servito a molto parlare ad una lastra di marmo, ma credo che mi avrebbe confortato almeno un poco."

Ascoltandolo, Mike s'era commosso un'altra volta.

Improvvisamente si voltò verso François e gli parlò a voce così bassa che François dovette avvicinare l'orecchio alla bocca per capirlo.

"Sono così felice che tu sia qua con me. Sono felice... lo sai che non ho mai avuto nessuno che piangesse con me? Anzi, forse non ho mai pianto! Ma sono sempre stato triste. E mio padre mi proibiva anche questo! Di piangere e di essere triste. Che stronzo che era!"

Poi si divincolò dall'abbraccio e scattò in piedi.

"Dovunque tu sia, papà, guardami!" urlò "Mi vedi? Dimmi che mi vedi!" gridava, con disperazione, quasi che suo padre potesse ascoltarlo "Adesso sto piangendo, mi vedi? Tuo figlio Mike sta piangendo! Ed è un finocchio! Tuo figlio è una checca! Tu che sei un vero uomo, hai un figlio finocchio!"

Dicendolo tremava e piangeva, poi finalmente si calmò, andò a stringere François, gli sorrise, riacquistando un poco di calma.

"E François mi ama" sussurrò baciandolo "è vero che mi ami, piccolo Fran?"

Poi anche lui si lasciò abbracciare e consolare.

"Finché non ti ho trovato mi sentivo così solo" disse ed era già molto più sereno "adesso so che dal primo momento in cui ti ho visto, tu mi piacevi. Solo che non lo capivo e non avrei saputo come dirtelo e anche come dirlo a me stesso, che ti amavo!"

"Anch'io ti amo" gli disse François in un sussurro "e penso che sono stato davvero fortunato ad incontrarti, perché tu sei la prima persona con cui non mi sento un mostro o un depravato."

"E perché un mostro?"

"Perché ho sempre cercato di essere uno che fa le cose che vanno fatte e invece ho scoperto che avevo questi desideri nei confronti degli altri ragazzi e non delle ragazze. E ho pensato che fossero cose cattive e sporche!

"Poi, quando mio padre si è ammalato e la mia famiglia si è sfasciata, mi sono messo in testa che fosse tutta colpa mia e solo mia, che tutti noi, i miei genitori e le mie sorelle, fossimo stati puniti a causa dei miei peccati, solo perché a me piaceva guardare i miei compagni nelle docce e, quando mi facevo le seghe, sognavo di toccarli. Qualche volta è capitato che mi facessi una sega con qualcuno dei miei amici, io fingevo di scherzare, li toccavo e a loro piaceva, me ne accorgevo. Ma a me non importava, lo sapevo, lo vedevo che piaceva anche a loro, ma pensavo che fosse solo colpa mia, perciò anche il loro peccato diventava il mio! Ero certo che tutto fosse insudiciato dai miei desideri, che fosse un peccato orribile e non riuscivo a rendermi conto di quello che mi succedeva. Di quanto ero stupido.

"Mio padre morì ed io pensai che meritavo tutto quello che mi stava accadendo, compreso di stare rinchiuso in un riformatorio, sebbene non avessi commesso nessun reato. Però continuavo a desiderare i ragazzi, i maschi e continuavo a commettere quel peccato e ciò bastava per giustificare ai miei occhi che mi tenessero là, anche se non era vero. All'istituto ce n'erano altri come me, alcuni erano più grandi, altri solo più esperti ed è da loro ho imparato tutto quello che c'era da sapere. Ho commesso molti altri peccati, ma non riuscivo a farne a meno, non ero capace di controllarmi. Facevo quelle cose e poi piangevo e mi disperavo, per essere là, perché mi sentivo sporco, perché tutta la mia vita mi pareva brutta, come le cose che facevo.

"C'era un sacerdote, insegnante di inglese, non era come tutti gli altri. Mi confessavo da lui e un giorno, in cui mi sentivo più sporco di quanto già non fossi, un giorno in cui capii che non potevo sostenere da solo quel peso, gli raccontai tutto di me. Beh... non proprio tutto. Non gli dissi quello che facevo, perché avrei messo gli altri nei guai e mi vergognavo troppo. Lui fu buono e comprensivo ed io ero disperato.

"Mi spiegò, cercò di farmi capire, si arrabbiò e mi prese a schiaffi, ma alla fine mi convinse che quando Dio punisce, non lo fa a quel modo, che non era colpa mia se mio padre era morto e se la mia famiglia si era sfasciata. Fu così che mi aiutò, però lui era soprattutto un prete e mi impose anche di resistere ai miei desideri, perché diceva che erano peccati gravi contro Dio e contro natura. Credo che mi volesse davvero bene, s'era preso davvero a cuore la mia situazione, ma dicendomi quelle cose mi fece sentire ancora di più un deviato, un vizioso, uno sporco schifoso, perché io non ero per niente capace di resistere ai miei desideri, perché anche se a lui dicevo che non avrei mai più neppure pensato ai ragazzi, io continuavo a fare quelle cose e insomma, non riuscivo a non farle.

"A me piacciono i ragazzi, non posso farci niente. E non potevo tagliarmelo se nelle docce mi diventava duro e se non riuscivo a frenare il mio istinto, se mi toccavo con tutti quelli che ci stavano. Ed erano tanti!

"Poi, quando sono arrivato sulla Venture, è cambiato tutto. Ho incontrato Kevin e ci siamo parlati. Ehi, piccolo, sei geloso se ti dico che io e lui abbiamo fatto delle cose?"

"Che cosa?" chiese Mike, più che altro incuriosito, essendo la gelosia un sentimento ancora troppo complicato per lui.

"Solo qualche bacio, ci siamo un poco toccati. Insomma, ne avevamo bisogno, sai? E poi ci siamo fatti tante confidenze, come se fossimo fratelli che si incontrano e hanno tante cose da raccontarsi! Solo che noi eravamo finocchi!"

"Oh, allora non sono geloso!" disse Mike tranquillo.

"Adesso, essere qua con te, noi due da soli, è come vivere in un sogno e mi dico che non può essere vero! Ho visto Richard e Kevin che si amano, ho trovato te. Non può essere vero! Sto sognando e mi sveglierò presto! Nel mio letto, nella camerata, dove c'è soltanto quella maledetta puzza di piedi e tanta umidità!"

"No, io non sono un sogno. Siamo qua, noi due e io ti sto accarezzando! Non sentirai mai più la puzza di piedi, te lo prometto!"

"Davvero? Davvero non mi farai tornare là? Dimmi che è così, Mike! Ho tanta paura, ma sapere che ci sei tu e anche Richard e Kevin, mi rende così felice, mi fa sentire che c'è speranza per me, che non dovrò essere sempre triste e soffrire e sentirmi in colpa per mio padre e mia madre e anche per tutto il mondo. Ma ho paura di tornare là, se un giorno ci troveranno."

"No, no! Ci penserò io, vedrai che non ci separeranno!"

François si guardò attorno smarrito, parlare e liberarsi l'aveva spossato. Mike lo strinse a sé.

"Tu sei il migliore di noi due, Fran. E di tanti altri, non lasciare mai che nessuno ti convinca del contrario. Non aver paura. Va bene? E poi, piccolo, non sarò mai geloso di te! Va bene?"

Se ne stettero abbracciati, a godersi la sicurezza e il calore che uno regalava all'altro. Ogni tanto si baciavano, accarezzandosi dolcemente, confortandosi con il tocco delicato delle mani. François gli infilò le mani nei pantaloni, ma solo per passargli le dita lungo la cicatrice che quel giorno pareva meno tumefatta e Mike sorrise felice. Pensò che dal momento in cui suo padre l'aveva ferito, quello era il primo giorno in cui non aveva ancora pensato alla cicatrice, a quei momenti orribili, era il primo giorno in cui non aveva avuto paura di incrociare lo sguardo inebetito e cattivo di suo padre e non aveva creduto di sentire l'odore del whisky.

Improvvisamente l'attirò a sé e lo strinse finché non gli parve di avvertire, uno scricchiolio di ossa. Non ci fu bisogno di parole e l'intimità dei loro corpi trascese anche lo stesso bisogno di soddisfazione che era piuttosto visibile in tutti e due.

Mike si rimise al lavoro e insieme decisero che l'iscrizione sarebbe stata questa:

'Sempre ricordato, sempre amato, riposa in pace'.

L'incise con lettere più piccole sotto al nome e alle date e fece un po' più in fretta.

Si spostarono sulla spiaggia e, messo a mare il canotto, Mike riuscì a pescare velocemente un mucchio di pesci e crostacei, mentre François restò seduto sulla sabbia a seguirlo con gli occhi e a trepidare per lui. Ma era in ansia come solo un innamorato può esserlo, anche quando non c'è pericolo e solo perché non poteva abbracciarlo nell'istante in cui provava quell'ansia.

Lo vide remare per portarsi al largo e seguì attentamente i suoi movimenti, non smettendo mai di osservarlo con meraviglia, oltre che con orgoglio.

Poi Mike andò anche a raccogliere dei frutti.

Al campo prepararono una brace per cuocere i pesci e stavano rifinendo l'incisione della targa, quando sentirono arrivare gli altri. Terry giunse per primo nella radura, seguito dagli altri.

Erano coperti di fango e sudore ed erano molto stanchi. Manuel portava Tommy sulle spalle, avevano fatto a turno a tenerlo, perché il piccolino camminava a stento per la stanchezza e per tutte le ferite che aveva. E quella fu la prima cosa che Mike e François notarono i lividi e le abrasioni ovunque, specialmente sul dorso e sulle gambe.

"Che è successo?"

"Datemi solo un momento per riprendere fiato e ve lo racconto" rispose Richard affannato.

Presto tutti quanti si ritrovarono nell'acqua, cercando di strofinarsi via lo sporco e insieme un poco di stanchezza. Terry, Joel e Angelo arrischiarono a mettersi sotto la cascata, godendosi il massaggio tonificante dell'acqua un po' più fredda sui muscoli affaticati. Manuel stava disinfettando ancora tutti i tagli e le abrasioni di Tommy. Anche se ogni tanto si lamentava e grugniva perché le ferite gli bruciavano, il piccolo apprezzava le cure amorevoli, specialmente quando Manuel baciava ciascun taglio dopo averlo ripulito.

Tommy non ricordava quasi nulla di sua madre, ma aveva spesso fantasticato su come una mamma poteva prendersi cura del suo bambino e pensò che Manuel stesse facendo proprio quello. La testa gli faceva male ed era un po' intontito, perciò non obiettò nulla quando, una volta ripulito, Manuel lo portò al materasso sotto il grande albero e lo cullò fino a farlo addormentare.

"Hai fatto un buon lavoro, Manuel" mormorò Richard, esaminando la spalla del piccolino "Vedrai che con un poco di riposo, starà meglio. Adesso è solo stanco."

Manuel era felice, mentre baciava la tempia di Tommy.

Dopo una giornata lunga e faticosa, furono tutti contenti di sedersi e mangiare.

Quelli che erano andati in cima alla montagna furono felici di descrivere le avventure della giornata, che divennero sempre più movimentate e piene di pericoli come il racconto andava avanti, tanto che alla fine ridevano tutti come pazzi, schiamazzando a chi la sparava più grossa.

Il sole era tramontato quando finirono di mangiare. Mike ravvivò il fuoco al centro del campo, ma solo per dare conforto e fare luce e non per procurare calore.

"Beh... ragazzi, pare proprio che non verremo salvati tanto in fretta!" disse Richard.

"Non ci sono altre isole in vista e non abbiamo potuto vedere nessun segno di passaggio umano. Niente navi, barche o aerei" disse Kevin "attorno a noi c'è il nulla, fatto di acqua e aria!"

"Molto poetico, amore mio, ma credo che ci cercheranno, comunque. Cominceranno quando verrà notato il nostro mancato arrivo a Brisbane" aggiunse Richard.

"Dobbiamo chiederci se a Brisbane" intervenne François "avranno idea di qual era l'ultima posizione della Venture? Da dove dovrebbero cominciare a guardare?"

"Ma è proprio così brutto questo posto?" disse Joel inaspettatamente.

Lo guardarono tutti.

"Credo che nessuno sentirà la mia mancanza" spiegò e si vedeva che non era per niente triste o preoccupato da quell'affermazione "Probabilmente mio zio mi ha già fatto il funerale e sarà stato contento di non aver pagato le spese di sepoltura. La sapete una cosa? Io sto meglio qua, ragazzi! E non me ne frega proprio niente che ci vengano a salvare!"

Lui e Angelo sedevano davanti a Terry che teneva un braccio su ciascuno di loro con un gesto molto protettivo. Gli dette una stretta affettuosa e l'accarezzò sentendolo parlare a quel modo.

Tommy, che poco prima si era svegliato con tutto l'appetito della sua età ed aveva mangiato tanto da dimostrare a tutti d'aver ben superato il trauma della caduta, voleva dire la sua.

"Ehi, per me Joel ha ragione! Anche a me non interessa che qualcuno ci trovi, perché se torniamo, mi metteranno in un altro orfanotrofio e non potrei restare a vivere con voi, perché siamo tutti troppo piccoli. E, se provassimo comunque a restare insieme, certamente ci separerebbero, perché siamo finocchi. Non voglio tornare, io!" gridò, come sapeva fare solo lui, tanto forte che se sull'isola ci fosse stato qualcun altro, l'avrebbe certamente sentito "E non voglio essere salvato da nessuno!" aggiunse, a voce solo un poco più bassa.

"Ma Tommy" disse Richard "pensa a cosa sarebbe accaduto se ti fossi fatto veramente male: io non avrei saputo curarti. Ho il mal di stomaco si ci penso, se mi ricordo la paura che mi ha preso e che mi prende ogni volta che non vi vedo. Fra qualche mese avremo bisogno di medicine. Se a qualcuno venisse un mal di denti, che vi aspettate che faccia? Non potrei certo curarlo io! E se qualcuno dovesse avere bisogno di occhiali? Con quale vetro le faremmo?"

"Anch'io non ho nessuna casa a cui tornare" l'interruppe François, risoluto "mia madre chissà dov'è. Il cervello le è diventato acqua. E le mie sorelle? Non so neppure se hanno ancora il mio stesso cognome! Non ho nessuno, a parte voi."

Si guardò attorno smarrito e Richard provò un'infinita tenerezza per quel ragazzo sfortunato. E un po' tutti, meno lui, erano stati perseguitati dal destino.

"E poi, Mike ed io non saremmo ben accetti da nessuna parte" stava dicendo François "Ci abbiamo messo tutta la vita a trovarci e se torniamo ci perderemmo un'altra volta. Ma ci vedete? Un bianco e un nero? E per giunta, come siamo noi? No, Richard, non mi farò separare da lui. Puoi credermi, farò di tutto!"

"Ma io ti credo, François!"

Si guardò attorno, dopo quello sfogo e Mike che l'abbracciava, lo baciò sulle tempie, lentamente, passandogli le labbra più volte, sfiorandole.

"Perché se ci trovassero" proseguì François che aveva ancora qualcosa da dire "saremmo impotenti, Richard. Torneremmo tutti quanti da dove siamo venuti, nelle medesime condizioni, solo con qualche amico in più! Ed io non voglio avere più nessuno che controlli dove sono e con chi! Qua siamo liberi e felici e quello che facciamo lo facciamo, perché ci piace! Adesso che abbiamo provato questa libertà, non possiamo più tornare indietro! E se credete che qualcuno ci possa accettare per come siamo, vi sbagliate di grosso. Tommy ha ragione, siamo soltanto ragazzi e tutti ci considereranno tali. E il fatto che ci amiamo, sarebbe soltanto la conferma della nostra malattia, mentre noi sappiamo che non è così! Ma lo sappiamo solo noi!"

Sì, pensò Richard, François aveva ragione. Ed era un ragazzo davvero molto maturo, più di quanto immaginasse.

"Non è che ci tenga tanto a tornare al mio elegante ed esclusivo collegio, ragazzi, perché è sempre un posto di merda" disse allora Kevin "ma io voglio finire la scuola e poi andare al college e anche fare qualcosa di me stesso. Voglio dire che noi possiamo anche stare bene qua e imparare un sacco di cose e a me piace moltissimo stare con voi, ma davvero vogliamo trascorrere su questa bella isola tutta la nostra vita. Noi soli? Nove ragazzi in questo posto? Cosa pensate che accadrà quanto cominceremo ad invecchiare? Non avremo bambini, questo mi pare abbastanza chiaro, e cominceremo a morire ad uno ad uno. Chi vuole essere l'ultimo?"

Stettero zitti per un po', guardando pensierosi il fuoco, facendosi più vicini, più piccoli.

Angelo, usualmente molto riservato, ruppe il silenzio.

"È facile per te parlare così, Kevin. Quando Richard sarà ad Harvard tu non andrai a vivere molto lontano da lui, non è vero? Così vicino che potrai andare a trovarlo in bicicletta. Lui avrà anche la macchina, no? E con tutti i suoi soldi e potrà fare quello che vorrà, nessuno vi controllerà. Io, invece, se torno a casa ritrovo i miei fratelli e quei porci ricominceranno a farmi quelle cose e se sarò fortunato lo faranno una sera per ciascuno. E tornerò alla mia scuola che non ha neppure un programma di arte. Capisci, perché non ci tengo a rivedere la costa orientale degli Stati Uniti?"

Richard era pensoso. Toccava a lui parlare, lo sapeva.

"Anche tu hai ragione, Angelo. Avete ragione tutti, ragazzi" disse Richard "ciò che dite è vero e se tornassimo a casa, io soltanto riavrò certamente tutti i miei privilegi che è tutto quello che voi non avete. Mio nonno ha provveduto a me, così che non dovessi mai preoccuparmi per il mio sostentamento, perciò potrò avere tutto quello che il denaro può comprare. Ma adesso so che cosa fare di quei soldi e della mia libertà. Voglio rendere la vita migliore a tutti voi e ad altri ragazzi come voi. Se riusciremo a tornare indietro, voi mi aiuterete a capire come fare. Vi giuro che voi sarete sempre la mia vera famiglia, dovunque saremo e non lascerò che vi accada nulla che possa farvi del male e quindi anche di dividerci!"

"Ehi... Richard" disse Mike "lo sappiamo che ci tieni a noi e che ci vuoi bene. E ti crediamo, ma non è così semplice, perché non potresti lottare con il mondo intero. Cioè, tu hai diciotto anni, forse hai abbastanza soldi, ma non hai ancora il potere di usarli, no? Come pensi di spiegare a chi vorrà riprendersi la nostra tutela, ai genitori di chi ce li ha, all'assistenza sociale per chi è orfano, che puoi occuparti di noi meglio di come farebbero loro? Veramente pensi che a qualcuna di quelle brave persone importerà di te? Delle tue buone intenzioni? Se andrà bene ti guarderanno come se fossi matto!"

"Oppure malato, perché anche se sei ricco, sei un finocchio anche tu" aggiunse François che si pentì subito "Oh, scusami Richard, non volevo offenderti!"

"No, François, hai solo detto la verità! È giusto quello che hai detto ed io sono contento che sia così!"

"Grazie, Richard!"

"Ragazzi, vorrei poter rispondere alle vostre domande, ma per ora non so proprio che dirvi" disse Richard, parlando lentamente, con una tristezza e un'amarezza profonde "e mi dispiace davvero, però ne riparleremo, dovremo pensarci tutti e ne discuteremo ancora! E decideremo insieme. Questo solo posso promettervi, per ora."

Avrebbe voluto dire ancora qualcosa, tranquillizzarli in qualche modo, ma non aveva alcun modo per farlo, se non con le proprie parole e in quel momento non ne aveva altre. E questo lo scoraggiò.

La sua malinconia fece calare un silenzio triste tra i ragazzi.

Il fuoco languiva e il cielo era un'altra volta pieno di stelle. Tommy si era addormentato fra le braccia di Manuel, assonnato anche lui. Le palpebre di Terry, di Joel e di Angelo si erano fatte pesanti, anzi erano quasi chiuse. Sbadigliavano tutti.

Kevin aiutò Manuel a portare Tommy sui materassi e a coricarsi accanto a lui. I tre, si spinsero vicendevolmente, mezzi addormentati, fino al loro letto e crollarono, non senza prima aver scherzato e ridacchiato come al solito, almeno per un poco, per non perdere l'abitudine e anche se con gli occhi già chiusi, qualche battuta detta già dormendo, ma riuscirono a mettersi in tre su un solo materasso e quella fu davvero un'impresa.

Mike e François avevano già raggiunto la loro amaca e Kevin l'attendeva per abbracciarlo e addormentarsi con lui, ma Richard si avvicinò alla riva del lago e si guardò attorno.

"Se nessun altro prima di me ti ha dato un nome" disse, parlando a se stesso e all'isola, alla terra che li aveva accolti "io ti battezzo Venture Island. Sei stata la nostra salvezza, che tu sia l'isola della nostra fortuna!"

Se ne tornò da Kevin.

Era un poco triste, anche se l'abbraccio del suo innamorato lo consolò immediatamente. Si addormentarono sereni, come tutti gli abitanti di Venture Island.

TBC


lennybruce55@gmail.com

Il nome 'Lenny Bruce' è presente nella sezione "Stories by Prolific Net Authors" (http://www.nifty.org/nifty/frauthors.html) con l'elenco degli altri romanzi e racconti che ho scritto e pubblicato su Nifty.

Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html

Next: Chapter 10


Rate this story

Liked this story?

Nifty is entirely volunteer-run and relies on people like you to keep the site running. Please support the Nifty Archive and keep this content available to all!

Donate to The Nifty Archive
Nifty

© 1992, 2024 Nifty Archive. All rights reserved

The Archive

About NiftyLinks❤️Donate